Oratorio S. Carlo in Piora

Dal libro “Piora – Un alpe, una valle, una storia” pubblicato nel 2019 da Salvioni Edizioni – pag. 242

“Il Cardinale, ritornando da Disentis attraversò l’alpe Piora e incontrò gli alpigiani. Siccome il bestiame era stato ripetutamente colpito da epizoozie con gravi perdite per l’alpe, essi chiesero al cardinale di intercedere presso il Signore affinché facesse la grazia e ritornasse sull’alpe la buona salute del bestiame. In caso di successo promisero al cardinale che avrebbero costruito un oratorio consacrato nel 1618 e dedicato a S. Carlo su un promontorio vicino a Cadagno e ben visibile dalla diga del lago Ritom e da Piora.

La costruzione di un oratorio a pochi anni dalla canonizzazione di S. Carlo Borromeo, fu indubbiamente un segno di ammirazione per colui che era stato il Cardinale – Arcivescovo e aveva consumato le forze al servizio della vastissima diocesi a lui affidata, visitando tutte le comunità, anche le più piccole.

Durante la gestione della parrocchia i capitali legati all’oratorio venivano prestati tanto a singole persone quanto ai Vicini delle varie Terre ad un interesse del 5%, a volte però, data la povertà di chi aveva contratto il debito, gli interessi venivano condonati.

Anche i boggesi di Piora, a più riprese, erano ricorsi a prestiti presso l’Oratorio di San Carlo, tant’è che nel 1837 un parroco si premurò di osservare “il capitale di cui sono debitori i boggesi di Piora all’Oratorio di S. Carlo é di Lire 1288.8, col rispettivo fitto”.

Nel 1851, con l’incameramento dei beni ecclesiastici allo Stato, la Chiesa di San Carlo in Piora sarà gestita ed amministrata dai boggesi di Piora, dunque dopo oltre 200 anni la proprietà dell’Oratorio passa dalla parrocchia di Quinto ai Boggesi.

Nell’agosto del 1897 il Museo Nazionale chiese ai boggesi di poter acquistare la campana della chiesa di San Carlo, dopo aver discusso la trattanda in assemblea, si decide di non vendere la campana, la quale rimase in Val Piora.

Nel bollettino parrocchiale di Quinto del 1985 vi é un inserto intitolato “Scoprire Piora” nel quale si legge:

“I verbali delle assemblee dei Boggesi riprendono a fornire dati interessanti sull’Oratorio. Nel verbale del 20 giugno del 1897 si legge: … iI presidente dà in seguito lettura del rapporto della commissione incaricata delle migliorie da eseguirsi all’Oratorio di S. Carlo, dopo qualche discussione, posto ai voti viene accettato all’unanimità ritenuto però di fare eseguire quest’estate solo il lavoro esterno – coperto – ed il lavoro interno nell’anno venturo approfittando di questo intervallo di tempo per preparare il materiale necessario”.
L’opera fu eseguita in luglio. Così ne dà notizia Anselmo Buletti nel suo quaderno di memorie: “Ricostruzione del coperto della Chiesa di San Carlo col portico davanti che prima non c’era. Soppresso il campanile (come quello di San Martino) dovendo montar sul coperto per suonar la campana essendo ciò causa in buona parte del guasto del medesimo”.

Nell’inserto del bollettino si legge ancora:

L’Oratorio deve aver conosciuto momenti di abbandono, perché nel 1933 il parroco Don Albino Danzi giunse a scrivere: “È mio dovere alzare la voce a protestare contro chi ha profanato un’altra volta l’Oratorio di S. Carlo, sull’Alpe Piora, convertendo quel luogo sacro in un deposito di materiale da costruzione. I Sig.ri Boggesi pensino seriamente a farlo rispettare: diversamente quell’Oratorio sarà definitivamente abbandonato”.

Nel 1935 si annunciano tempi migliori, viene votato dall’assemblea un credito per riattarla decorosamente. Tre anni dopo si decise il coronamento del restauro: “3. trattanda: Autorizzazione all’Ufficio di far decorare l’Oratorio di S. Carlo. Il presidente Jelmini dà alcune spiegazioni sul costo dei lavori che si cifra complessivamente in fr. 500.- tra finimento, stabilitura e pittura. Diversi raccomandano di limitare i lavori allo stretto necessario non essendo richieste opere d’arte”.

Finalmente il 14 agosto 1938 il parroco poteva benedire l’Oratorio restaurato. In quell’occasione il presidente dei Boggesi, Luigi Jelmini di Lurengo, pronunciò il seguente applaudito discorso: “Il sacro rito di oggi, pure nella sua austera semplicità, anzi, appunto per la sua semplicità stessa, é quanto di più bello e di più suggestivo si possa immaginare! Un Sacerdote benedicente, una folla di popolo accorso da lontano, per sentieri malagevoli, che proclama con preci e con canti la sua riconoscente devozione al grande Santo lombardo, del quale, per felice coincidenza, proprio quest’anno ricorre il quarto centenario della nascita! Quale spettacolo, edificante e gentile, di salda fede e di poetica bellezza! E tutto questo in uno scenario alpino impareggiabile, attorno al romito oratorio inghirlandato di fiori alpini, circondato dalla chiostra solenne e verdeggiante dei monti, sotto un cielo che riflette la sua calma serenità nelle acque di tre laghi incantevoli, vere gemme risplendenti di questo nostro Alpe di Piora! Certamente i nostri Avi non potevano scegliere un luogo più adatto per erigervi la chiesetta dedicata al loro grande Patrono! Dall’alto del colle, nel punto centrale della valle, le bianche mura di San Carlo vigilano tutto l’Alpe e, anche da lontano, sembrano richiamare i nostri pensieri a sereni sentimenti di fratellanza e si pace! Soverchi parole guasterebbero o, almeno, non saprebbero certo ridire la limpida e commovente sincerità di una manifestazione tanto cordiale! Ma é mio dovere ricordare oggi, ringraziandole, sia pure affrettatamente e tutte accomunando in un solo fascio, le buone e pie persone che hanno contribuito, con doni, con offerte, con prestazioni volontarie, col loro lavoro, con consigli e con preghiere, a realizzare il voto comune di ridonare all’esercizio delle sacre funzioni l’antico Oratorio di San Carlo Borromeo. Il Signor le benedica e ricompensi largamente, benedica il nostro Alpe di Piora, i suoi alpigiani, i suoi armenti, benedica noi tutti qui presenti, le nostre famiglie, i nostri viaggi e la nostra cara Patria. E evviva la Svizzera!”.