Oratorio Sant’Ambrogio Catto

A sud del villaggio, in posizione isolata, recinta dalle mura del cimitero e da cappelline. Costruzione rimaneggiata in epoca barocca, con coro quadrato e cappelle laterali poligonali. Il campanile romanico, demolito solamente nel nostro secolo (?), é stato sostituito dall’odierna torre accanto al fianco sud del coro. Navata voltata a botte negli anni 1772/75; coro voltato a crociera decorata da stucchi del 1688, ma completati in stile Luigi XVI. Nelle cappelle laterali: stucchi di stile reggenza degli anni 1737/38. Sulla botte sopra la navata: decorazioni tardo rococò in stucco eseguite alla maniera degli artisti Vorarlberg, attorno al 1775. Sull’altare del coro sta un ciborio in legno riccamente scolpito con colonnine ritorte e statuette, opera di Lukas e Georg Regli del Canton Uri nel 1786. A destra dell’arco trionfale: scultura tardogotica della Madonna, databile attorno al 1500. Sopra la cappella battesimale, a sinistra dell’ingresso: dipinto secentesco dell’Ultima Cena. La chiesa é stata restaurata alla fine degli anni ’90.

(Testo fornito dal parroco Don Michele Capurso, ottobre 2021)

Nel 13.mo secolo si parla di “cappella oratorio de Cado” e solo verso fine secolo la denominazione ricorrente é “Oratorio di Sant’Ambrogio”. Ciò per il fatto che vi fu una prima trasformazione edilizia, voluta dai Vicini di Catto e Lurengo, per consentire la celebrazione.

L’oratorio fu dedicato a S. Ambrogio patrono della Diocesi milanese da cui dipendevano le Tre Valli.

Giova chiarire un aspetto legato al culto e di rigore e più volte menzionato nella storia delle chiese con la consacrazione (salvo altra interpretazione ecclesiastica) avveniva ogniqualvolta che l’edificio subiva lavori interni di restauro.

Tant’é che un documento del 28 ottobre 1428 parla di riconsacrazione dell’Oratorio (Consacravimus sive reconciliavimus) da parte del frate Bartolomeo da Cremona, Vescovo di Castoria, con l’autorizzazione degli Ordinari della chiesa di Santa Maria Maggiore di Milano. Successivamente, il 25 giugno 1472 Antonio Caccia, Vescovo di Salona, suffraganeo dell’Arcivescovo di Milano, riconsacra la chiesa di S. Ambrogio e l’annesso campo santo.

La torre campanaria, d’epoca medievale e costruita discosta dalla chiesa, fu demolita verso la fine del 18.mo secolo. Con l’ampliamento della navata fu poi costruita una piccola torre campanaria, inserita nella facciata a valle del presbiterio.

Nel corso dei secoli la chiesa ha richiesto continue trasformazioni, tanto che lo storico G.R. Rahn professore al Politecnico di Zurigo, nel suo libro: “I monumenti artistici del medio Evo” afferma che “… il S. Ambrogio di Catto é un edificio moderno, molto probabilmente del secolo XVIII”.

Parlando di edificio si esclude ovviamente il contenuto della chiesa che risale ad epoca anteriore.

Infatti, durante le trasformazioni sono stati conservati gli stucchi barocchi di inizio ‘700, che conferiscono una gentile armonia alle due cappelle laterali. Ma sentiamo lo storico: “Il presbiterio é ornato di stucchi di alta fattura, grandi fasce di foglie e di palme di vigore robusto e ben dorati. Patrimonio artistico di carattere eterogeneo che, per certi aspetti, lascia intuire le vicende vissute durante la sidditanza della Valle a Urania, per cui si riscontrano affreschi di scuola lombarda e sculture tedesche.

La chiesa di Catto possiede la statua lignea tardo-gotico la più antica esistente in Leventina, con due angioletti volanti che la incoronano e di fattura molto graziosa.

Interessante il fatto che questa Madonna é figura che servì da modello per altre statue della Vergine sparse nel territorio di Quinto. Ma lo stile non é più quello della tipica curvatura gotica però si ripete lo stesso panneggio, lo stesso modo di tenere il bambino, lo stesso tipo di corona”.

Qualche critico d’arte sostiene che il soggetto e lo stile di questa statua sia stato diffuso dalla scultura lignea eseguita nel 1408 da Jacopo della Quercia nel Duomo di Ferrara dall’ambiente tardo-gotico.

Nel 1695 il 17 agosto il Landammano Johan Franz Wolleb, segretario d’Urania, concede ai vicini di Catto e Lurengo l’autorizzazione di assumere un cappellano “mercenario” obbligato pure dell’insegnamento scolastico. Possiamo ritenere che, da quel momento, ebbe origine il Beneficio cappellanico di Catto, cui apparteneva l’attuale casa patriziale. Primo eletto “a vita” (!) il chierico Batrolomeo Forni. Ultimo, in ordine di tempo, Don Albino Danzi che divenne parroco porzionario di Quinto.

L’Ordinario liturgico era conferito ai Parroci di Quinto tanto che, solo dopo il 1697 fu consentito di custodire il SS. Sacramento, essendo garantita la lumiera da parte dei vicini devoti; così pure di amministrare il battesimo dopo aver costruito il fonte battesimale.

Nel 1770 i vicini di Catto e Lurengo, coadiuvati dai Parroci di Quinto, si rivolgono al Vicario provinciale Joan Fran Rossi affinché il cappellano possa adempiere il sacramento della confessione. L’Autorità ecclesiastica concede, assegnando al reddito dell’Oratorio la somma di lire 72 sul capitale di lire 1440 al tasso 5%. Nel 1772 i vicini aumentano di 50 scudi la retribuzione al sacrestano.

Il periodo più fervido di opere d’arte e di pittura ha inizio nel 1672 ad opera di un vicino della terra di Catto. Il capomastro Antonio Rossalino qdm. Antonio, fratello del prete Giacomo Antonio Rossalino parroco di Quinto, che a soli 24 anni rifabbricò il coro della chiesa.

Negli anni 1737/38 sono stati eseguiti lavori di stucco e di pittura, su indicazione del capomastro Giuseppe Orelli da Quinto (Ronco) emigrante stagionale nella Lorena. La spesa per gli stuccatori fu di 600 lire terzole e “pelle pitture” lire 1060.

Nel 1740 il consigliere Martino Jelmini di Lurengo e Giuseppe Gianino di Catto, anziani della chiesa di S. Ambrogio, con l’assistenza del prete Antonio Bronner, curato porzionario di Quinto, hanno stipulato il contratto con Joseph di Somvix (Grigioni), indoratore, per indorare tutto lo stucco del coro della chiesa con oro d’Ungaro o di zecchino “tutto lustrato” al prezzo di cento filippi. Il lavoro doveva essere iniziato non appena finito l’opera nella parrocchia di Quinto.

Allo stesso artigiano fu commissionato il lavoro di indorare la cappella della Madonna e quella del S. Antonio di detta Chiesa.

I vicini di Catto e Lurengo il 19 giugno 1786 stipulano con Giorgio e Luca Regli di Orsera, intagliatori del legno, il contratto per eseguire il tabernacolo ad intaglio per l’altare maggior, …”perfettamente secondo il disegno, indorarlo, inargentarlo, colorirlo secondo quello, a loro spesa, per prezzo di gigliati n° 85, dico ottantacinque; eppoi quindici sono in rimessa de’ signori deputati, da darglieli o no, secondo il merito dell’opera”. Nello stesso contratto i Regli dovevano eseguire una corona appendervi il “moschetto” (tenda che ricopre tutta la parte posteriore dell’altare).

Negli anni 1774/76 fu rifatto il “volto della chiesa. Il speso per dett’oratorio in questi due anni per cera, butiro ed a mastri da muro e stucco sono lire imperiali 405. Di più per giornate e ricovero dei mastri, letti, molino ed altro, lire imperiali 210”.

Nel 1776 furono eseguiti ulteriori lavori per stuccatura e pittura per lire di Milano 576.

La campana della chiesa attuale (?) é quella prelevata dal vecchio campanile e nel marzo 1797 é stata rifusa ad opera di Pietro Franca di Mergoscia mediante contratto ben definito.

Non si può ritenere completa questa sintesi storica ignorando il periodo borromeo, ossia le visite di S. Carlo alle Tre Valli, con particolare riferimento alla chiesa S. Ambrogio, dal 1567 al 1582 (post Concilio tridentino – contro riforma – credenze aberranti).

La prima visita avvenne il 17 ottobre 1567 a Quinto. Dopo aver impartito gli ordini circa la custodia del Santissimo Sacramento, sulla distribuzione degli oli, sulla manutenzione del cimitero, la consacrazione di due altari e su un migliore ordine dello scurolo (cripta) S. Carlo si interessa di tutti gli Oratori delle frazioni e quello di Catto in particolare.

La seconda visita il 16 giugno 1570. Il Santo si reca a Catto, autorizza la sepoltura dei defunti in quel cimitero e anche l’amministrazione del battesimo a condizione che venga convenientemente costruito il battistero. A tal fine indica il posto adatto, ossia a destra della porta d’entrata, levando l’altare di S. Sebastiano il cui titolo venne trasferito all’altare maggiore. Fa un opportuno rimarco della statua della Madonna “.. loco iconae habet figuram Virginis sculptam”. Raccomanda anche di sistemare adeguatamente il pavimento della chiesa.

L’ultima visita in Leventina avviene nel mese di agosto del 1581. Il 7/8 agosto é nuovamente a Quinto per la consacrazione delle campane; visita la chiesa di Catto che consacra lo stesso giorno e vi celebra l’Eucarestia.

I giorni successivi 9/10 agosto S. Carlo sale nella valle di Piora sapendo di trovare parrocchiani addetti alla pastorizia e alla fienagione in Cadagno. Intende recarsi all’Abbazia di Disentis ma poi modificò l’itinerario, ripiegando verso il Pizzo Colombe e attraverso il passo Predelp scese a Mairengo. Tradizione vuole che in questo tragitto le orme del Santo siano rimaste scolpite nella viva roccia (maggengo di Valle), inoltre si cita una fontana alla quale si vuole che si sia dissetato e oggigiorno (?) ancora chiamata “La funtèna det S. Carlo”.

La chiesa S. Ambrogio di Catto é iscritta nell’elenco dei monumenti storici come – oggetto meritevole di protezione e conservazione -.

(Testo a cura di Remo Croce pubblicato su uno dei bollettini di Quinto e datomi da Irma Dolfini sacrista della chiesa di Catto fino all’età di 88 anni)